Indiedischi.it (Marzo 2019)

Stefano Guzzetti – La musica è sempre e comunque politica

Parlaci del tuo ultimo lavoro. Cosa ti ha ispirato nella composizione?
“Interludi” è una raccolta di tre brani ispirati ai nostri sentimenti e alle loro varie sfaccettature. “Why do you love me?” parla dei vari motivi che portano una persona ad amarne un’altra, nel bene o nel male. “Because of you” è una pura dichiarazione d’amore, mentre “Blurred in the distance” parla dei ricordi che ci portiamo dentro e che, inevitabilmente, col passare del tempo sono sempre più sfocati, lasciando spazio a un sentimento generale, dove i dettagli alla fine sono del tutto accessori.

Quali sono le tue principali influenze?
La vita di tutti i giorni, le dinamiche interpersonali, il mondo in cui viviamo. Ho la fortuna di vivere in un’isola, spesso e volentieri la natura è un elemento davvero importante nel processo creativo. Il mare, per esempio, è per me una delle ispirazioni più importanti.

Come nascono i tuoi brani?
Spesso nascono al piano, suonando un’idea improvvisa e cercando di svilupparla e declinarla al meglio. I miei brani nascono anche la mattina, quando mi sveglio con in mente una melodia che ho sentito nei miei sogni. A volte sogno proprio di comporre qualcosa, e me ne ricordo perfettamente la musica o il tema.

In un mondo sempre più incentrato sul web, cosa conta di più tra una pagina Facebook con tanti like o un buon disco?
Sicuramente un buon disco, anche se una buona via di mezzo non guasterebbe. Va anche detto che viviamo sempre più nell’era dell’apparenza, alla gente interessa leggere frettolosamente due righe su qualsiasi cosa, non c’è più davvero la voglia e l’interesse di approfondire un argomento, qualità di un artista compresa. In quest’ottica, una pagina con molti like ha una valenza maggiore di un bel disco. La mia non vuole essere una polemica però, è giusto una constatazione di come vanno le cose al giorno d’oggi. Dal canto mio però posso dirti che preferisco avere meno like in un social e cercare di produrre musica di maggiore qualità possibile. Un domani la musica rimarrà, i like saranno persi nel dimenticatoio del web.

Un aspetto positivo ed uno negativo del fare musica?
Positivo: parlare con le emozioni, comunicare con la gente attraverso un linguaggio che non ha bisogno di parole, almeno nel mio caso visto che compongo musica strumentale.
Negativo: nessuno. Fare musica è un privilegio vero e proprio, trovarci degli aspetti negativi vorrebbe dire, almeno per me, non essere grati alla propria vita e, quindi, non sapere stare al mondo.

Credi che un artista debba schierarsi politicamente?/Approvi la politica nella musica?
La musica, in maniera più o meno palese, è sempre e comunque politica. Qualsiasi nostra scelta è politica. Qualsiasi nostra volontà espressa attraverso qualsiasi linguaggio è politica. Condivido questo aspetto politico della musica, ma non sono mai stato un sostenitore della musica fortemente schierata, spesso e volentieri urlata. Non critico comunque chi procede con queste dinamiche, semplicemente non fanno per me.

Cosa ne pensi dell’attuale music business?
Il music business, come lo intendevamo anche dieci anni fa, ora non esiste davvero più. Oggi tutti possiamo fare, almeno nominalmente, tutto. Ognuno di noi può quantomeno autoproclamarsi fotografo, regista, o musicista, basta avere un laptop e un’idea da produrre. Analogamente, tutti possiamo creare una label, per esempio. Oggi il ‘fare dischi’ è spesso e volentieri una situazione do-it-yourself, un po’ come nell’era punk alla fine degli anni ’70. Oggi c’è più spazio per tutti, c’è quindi molta offerta e perciò anche tanta competizione. Questo fa sì che per emergere bisogna, di default, avere delle idee forti e molto valide, e credere davvero in ciò che si fa. Non parlerei quindi di music business, quello è praticamente inesistente, Spotify e synch per serie Netflix a parte. Parlerei invece di una nuova situazione creativa, e credo che questa sia molto stimolante e alla portata di tutti. Non potrei quindi pensarne male.

Credi che le nuove tecnologie aiutino il rapporto tra musicisti e pubblico o che abbiano distanziato gli uni dagli altri?
Nessuna distanza, anzi, parlerei piuttosto del contrario. Grazie a piattaforme come Bandcamp, per esempio, si può saltare lo step della distribuzione discografica come intesa tanti anni fa, e si può avere un rapporto di fidelizzazione diretta con la propria fan base. Questo, parlo per me, è un fattore molto importante, nonché uno dei vantaggi apportati in maniera concreta dalle nuove tecnologie.

Qual è a tuo giudizio il confine tra indie e mainstream?
Credo di essere la persona meno adatta a rispondere a questa domanda, dato che non ascolto molta musica, e quando lo faccio è sempre la stessa. Diciamo che a fine giornata non mi viene di ascoltare altro, piuttosto mi dedico ad altre attività. Questa mia scarsa consapevolezza della scena musicale attuale mi porta senz’altro a dare una risposta sicuramente naive, ovvero: credo la differenza tra tra le due categorie sopracitate sia il modus operandi, lo scopo ultimo del prodotto finito, dove si vuole quindi andare a parare. Che sia un house concert di fronte a quaranta persone stipate in un salotto, o un tour nei centri commerciali, cantando tra i detersivi e i polli arrosto, dopo avere suonato per una stagione intera in un programma Mediaset. A ognuno le proprie scelte di vita.

Cosa pensi del Crowdfunding? Lo ritieni un mezzo veramente utile per i musicisti?
Per quanto non abbia mai scelto di avvalermi di un Crowdfunding, non posso certo negarne l’assoluta utilità, visto che grazie ad esso la gente riesce a fare i dischi che altrimenti rimarrebbero in un cassetto della mente.

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